omaggio a Giuseppina e Albina Coroneo
produzione Is Mascareddas

Da un’idea di Donatella Pau
Regia: Karin Koller
Animazione: Donatella Pau, Mimmo Ferrari
Musiche originali: Tomasella Calvisi
Progetto costumi e scene, scultura e pittura figure: Donatella Pau
Costruzione scene e figure: Antonio Murru, Donatella Pau, Fabio Atzeni
Aiuto sartoria: Alessandra Solla, Simona Cadeddu
Costumi animatori: Anna Sedda
Trottola: Manuel
Disegno luci: Loïc François Hamelin
Tecnico audio luci: Fabio Atzeni

Una piccola marionetta è appesa a pochi fili. Una figura elegante avanza con piccoli passi verso la marionetta fino a prenderle le mani. Inizia così, in un paesaggio cittadino misero, brullo e polveroso, si compie il cammino solitario di due sorelle. Le figure sono la riproduzione dei pupazzi-autoritratto di Giuseppina e Albina Coroneo. Con Giuseppina e Albina appaiono otto personaggi ispirati ad altrettanti pupazzi che le artiste cagliaritane costruirono dal secondo dopo guerra fino agli anni Settanta del secolo scorso e che la compagnia Is Mascareddas fa rivivere a teatro sulla scorta della monografia di Vittorio Sgarbi e Marco Peri “Coroneo. L’opera di due sorelle artiste artigiane” (Ilisso edizioni) e della mostra omonima allestita a Cagliari nel 2009, lo stesso anno di pubblicazione del volume.
I pupazzi raccontano con prepotente realismo la condizione umana dopo una catastrofe, o una guerra. Tra questi uno spazzino, che tenta invano di cancellare i ricordi spazzando la strada, ma i ricordi, si sa, se sono delle ferite non è semplice cancellarli via. La vita in questo brandello di città è resa in frantumi difficili da sgombrare, perché i ricordi sono li e pesano come macigni.
Ognuno dei personaggi – teneri e fragili vecchi, sopravvissuti all’usura delle carni e delle anime – continua a fare le cose semplici alle quali ha dedicato tutta l’esistenza e tenta di riprendersi la vita, ma il dopo è sempre più difficile da ricostruire. Una prostituta agita un fazzoletto rosso sperando che si avvicini un cliente, ma il suo corpo da vecchia non può attrarre più nessuno. Un uomo vorrebbe avvicinarsi, ma è prigioniero, agita una mano ma non può far di più. Il vento soffia in senso contrario su tutti i personaggi di questa piccola città, ma la forza dei personaggi è altrettanto ostinata e contraria rispetto al vento.
Lo spettatore è accompagnato in un percorso di piccole scene guidato dalla regia di Karin Koller: i minimi movimenti delle figure, animate a vista da Donatella Pau e Mimmo Ferrari, si fondono in perfetta sincronia con le “identità sonore” e le musiche create dalla voce della cantante Tomasella Calvisi e con le luci disegnate da Loïc Hamelin.

16-17-18 ottobre ORE 19.30
25-26 ottobre ORE 19.30
27-28 ottobre ORE 18.30

Durata 15 minuti, 10 spettatori alla volta, richiesta prenotazione a info@format-azione.com o direttamente alla biglietteria del Teatro Ferroviario.

Ogni giorno della rassegna sarà possibile, prima degli spettacoli al Teatro Ferroviario, assistere a una performance che mette in scena il falso diario confidenziale di una donna qualunque presso gli spazi del centro culturale L’Ultimo Spettacolo.

Cosa ho fatto o cosa semplicemente non è successo oggi?
Cosa significa scrivere un diario. Di cosa ho tenuto traccia e cosa non ho annotato. Dove risiede e come si manifesta l’intima, confidenziale, auto-narrazione della nostra esistenza.

L’annotazione diaristica è diventata una iper narrazione mediatica, attraverso autoscatti giornalieri, brevi video, aforismi di persone note prese in prestito e riflessioni personali elevate a citazioni dotte. Ci siamo abituati a leggere le vite degli altri e a documentare superficialmente la nostra, che risulta quasi vacuo l’interrogarsi sulla modalità di trasmissione della vita di ogni giorno.

Il dispositivo scenico è composto per sette giorni da sette performance che variano e mutano giorno per giorno. Grazia DiDio è una donna disoccupata, dalle giornate deprivate di impegni e convenzioni sociali. La vita scorre tra i biscotti della colazione, le chat di facebook e le passeggiate intorno al quartiere. Una vita in cui non succede niente di degno di nota, ma che lei documenta con la precisione di una scrivania. Un personaggio inesistente, una disoccupata, che scorre le pagine della sua vita da casalinga 3.0, che respira e parla, si muove, nel proprio appartamento che assume i tratti di una personale prigione.

foto di Gabriel Kudu

Ritorna a Cagliari al Teatro Massimo Nord-NordOvest

il 23 Settembre alle 19:00 e il 24 Settembre alle 21:00

Regia: Marco Sanna

con: Felice Montervino, Marco Sanna,

Marialuisa Usai, Francesca Ventriglia.

Scene e costumi: Sabrina Cuccu

Luci: Valerio Contini

Ambienti sonori: Luca Spanu

Foto di scena: Alec Cani

Produzione Sardegna Teatro

 

“…Se si possono insegnare tecniche della tradizione, al di là del contesto che le contiene e le determina, è perché la tradizione è morta e la possibilità di apprenderle non è che il certificato dell’avvenuta sepoltura.

La tradizione, morta nella quotidianità del contemporaneo ma di cui si conserva memoria, ci obbliga a una elaborazione del lutto conseguente la perdita che è oggi il solo spazio che la tradizione può permettersi. Non è detto che sia male.”

G.L.Ferretti
Nord-NordOvest inizia da qui, da un concetto che ti gira nella testa da qualche tempo, dalla posizione che occupi nel mondo e di conseguenza dentro le cose dell’arte. Inizia dalle parole di chi ha influenzato il tuo modo di essere e di stare nel mondo e quindi nell’arte.

Nasce, questo lavoro, dalla volontà di raccontare uno stato di attesa, quello in cui si aspetta di essere dimenticati. Si parte da un dato di fatto: la morte della tradizione.

La tradizione è morta ma viene continuamente chiamata in causa, in una sorta di accanimento terapeutico, impedendogli di morire davvero. Ogni volta che ci si allontana dal conosciuto, si ha immediatamente bisogno di tornare indietro, raccogliere le forze, consolarsi, per poi di nuovo allontanarsi, e così siamo legati ad un eterno elastico, che regge l’impossibile, che non riesce a spezzarsi.

di Meridiano Zero

Regia: Marco Sanna

di e con: Marco Sanna, Francesca Ventriglia, Maria Luisa Usai, Felice Montervino.

scene Sabrina Cuccu

luci Tommaso Contu

produzione Sardegna teatro

Teatro Massimo – sala m2

 

Nord NordOvest è un titolo provvisorio, un prestesto di ragionamento a partire da un’area geografica  che  su quest’isola ci ha visto nascere, crescere e scappare, tornare e maledire. Non è un lavoro su un territorio, non ne indaga gli usi ne i costumi. Non si relaziona alla tradizione ma la rifiuta tutta intera, in tutte le sue forme e le sue tecniche.

La tradizione morta nella quotidianità del comportamento, ci obbliga ad una elaborazione del lutto, che è il solo spazio che la tradizione può permettersi oggi. Non abbiamo fatto in tempo ad onorarla, per limite anagrafico, non possiamo dunque tradirla fino in fondo, non sarebbe giusto, non possiamo permettercelo. Possiamo solo scavare le ceneri e provare a trarne dei divinamenti dei labili consigli.

Facciamo parte di generazioni che hanno visto solo gli strascichi di effetti senza conoscere a fondo le cause. Non abbiamo conosciuto Barba ne Grotowski ma solo i Barbiani e i Grotowskiani, dunque abbiamo visto la decomposizione senza conoscere il corpo vivo.

Affronteremo la tematica del conflitto generazionale vissuto sia come individui(incontro e scontro con il presente il passato e il futuro della singola personale intima esistenza), sia come artisti nei confronti della tradizione teatrale e di tutti i suoi movimenti, i suoi limiti e le sue gabbie. Sarà una battaglia contro il “vecchio che non muore”.

Ci osserveremo nel nostro eterno conflitto con i tempi dell’esistenza, il nostro essere attori in eterno conflitto con i tempi della scena. Il lavoro avrà un senso verticale e diacronico, partire dal passato per arrivare al presente. Un cammino a ritroso che dall’anzianità, giunge alla giovinezza per approdare, speriamo, a un senso della ricerca al di là del tempo ordinario, non più vincolata dai concetti di passato e presente. Sarà un lavoro di grande rispetto, nonostante tutto, nonostante la rabbia, poichè il mito della modernità a tutti i costi è il più pericoloso, ignorante e arrogante fra tutti i miti.

Date spettacoli:
Venerdì, 1 Aprile, 2016 – 21:00
Sabato, 2 Aprile, 2016 – 19:00
Domenica, 3 Aprile, 2016 – 19:00
Martedì, 5 Aprile, 2016 – 21:00
Mercoledì, 6 Aprile, 2016 – 19:00
Giovedì, 7 Aprile, 2016 – 19:00
Venerdì, 8 Aprile, 2016 – 19:00
Sabato, 9 Aprile, 2016 – 19:00
Domenica, 10 Aprile, 2016 – 17:00

vedi scheda sul sito di Sardegna Teatro

Format-azione è il progetto di Meridiano Zero vincitore del bando Funder 35 della Fondazione Cariplo.

Il progetto Format-azione ha l’obiettivo di creare una rete innovativa di scambio di conoscenze nel territorio del Nord Sardegna.

Il progetto prevede per i prossimi tre anni una serie di incontri e seminari, rivolti a tutti gli interessati che vorranno approfondire la propria formazione sia in campo artistico che in quello della gestione in ambito culturale.

Gli incontri sono in fase di definizione per quanto riguarda le tematiche specifiche e si svolgeranno prevalentemente a Sassari.

A breve saranno disponibili tutti gli aggiornamenti.

THIS IS NOT WATH IT IS

produzione Meridiano Zero

di e con
Marco Sanna
Francesca Ventriglia

Luci e Suoni
Massimo Casada

Ultimo capitolo per B-tragedies trilogia shakespeariana trash, che questa volta si confronta con Otello. La formula, come nei due precedenti capitoli che hanno affrontato Macbeth e Amleto, è quella di far reagire fra loro il linguaggio alto di Shakespeare con forme espressive molto più basse, i dialetti, il karaoke, il voyeurismo tipico di certa stampa scandalistica, le barzellette. Il tutto per inseguire la deriva del concetto di popolare. Cosa è popolare? Come si fa ad essere popolari? Soprattutto, si può essere popolari?
I personaggi sono ridotti a poveri relitti, svuotati di ogni consapevolezza, rifiutando essi stessi di voler sapere o conoscere i motivi per i quali si trovano ad agire su un palcoscenico. La storia è lasciata alle spalle, è data per scontata come è giusto che sia visto che si ripete da cinquecento anni. Si parla dunque verso un pubblico dal quale si pretende che conosca a priori l’argomento di discussione, se non lo conosce tanto peggio per lui, ha avuto secoli per informarsi. Parlare a chi conosce l’argomento, da modo di sottintendere la cronologia dei fatti, di tralasciare le cose meno importanti, di andare al nocciolo o magari divagare, perdersi nella discussione che diventa tramite per la creazione di un nuovo punto di vista.

 

 

Il Teatro che investe sui giovani talenti

video intervista di Valentina Bifulco a Marco Sanna

Il Pitch Contest organizzato al Teatro Massimo, il 28 febbraio e il 1 marzo scorsi, ha selezionato tre compagnie isolane emergenti per un percorso formativo, produttivo e distributivo nell’arco di un triennio. Merito del Sardegna Teatro e della Rete Giovani Idee, con un progetto che coinvolge 13 spazi teatrali dislocati in tutta l’Isola, in rete con Cedac.

La Rete Giovani Idee ha scelto la compagnia Cucumea Teatro ovvero Valentino Mannias, Giaime Mannias e Luca Spanu che ha presentato un estratto di Giovanna detta anche Primavera

Lo  Spazio T è stato selezionato dal Circuito Regionale Cedac, con lo spettacolo  #Koi cantando danzavamo ispirato a Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni di  con Chiara Murru e il live set di Arrogalla.

La scelta di Sardegna Teatro è Nord-nordovest di Meridiano Zero con Marco Sanna, Maria Luisa Usai e Francesca Ventriglia.

Abbiamo incontrato Marco Sanna di Meridiano Zero e gli abbiamo chiesto di raccontarci questa esperienza.

Vedi l’intervista su “la donna sarda”

 

Recensione di Rossella Porcheddu su Teatro e Critica

Ha cinquecento anni, uno più uno meno. È entrato in tanti corpi, ha parlato con diverse voci. Oggi è ancora qui, a fare capolino sul palco, a infilarsi nelle trame di un testo, il più citato fra i sempre citati personaggi del Bardo. E lo ritroviamo anche nello spettacolo vincitore di Inventaria, festival/concorso che ha avuto luogo al Teatro dell’Orologio dall’11 al 24 maggio. Ma, diciamolo subito, Search and Destroy non è un lavoro su Amleto. Piuttosto è il pretesto per parlare delle possibilità di interpretazione e della necessità, impellente, quasi doverosa, di tradire la tradizione, per ragionare sul senso di ciò che si va a replicare, sera dopo sera, e di anno in anno, per arrivare a cinquecento. Perché Amleto dunque? Per glorificarlo? Per denigrarlo? No, semplicemente, come si legge nelle note di regia, perché «Amleto è l’attore, Amleto è il teatro».

Mixer audio e luci sulla scena a smascherare un teatro “fatto in casa”, e velatino, sul fondo, a nascondere lui, l’attore, che dichiara di non volere la responsabilità di ciò che sta per fare. E che cerca di svincolarsene, azione dopo azione, parola dopo parola. Costretto a entrare nello spazio dietro la minaccia di un’arma, annuncia l’impotenza, e l’indolenza, affidando a un microfono i propri dubbi e rivolgendo a noi, spettatori, alcune domande: «Quanto vale questa farsa? Che cosa è giusto pretendere col prezzo di un biglietto?» E avvertendoci che niente succederà, niente muterà in noi, alcuni forse avranno un brivido, molti se ne torneranno a casa così come sono arrivati, senza portarsi nulla dietro.

Ma così non è per lo spettacolo scritto e interpretato da Marco Sanna, con l’ausilio in scena di uno “strano tipo e luciaio” (Massimo Casada). Perché stratificato si presenta il lavoro di Meridiano Zero, compagnia di Sassari che gioca coi dialetti e con le sfumature delle parlate locali, che si confronta con il concetto di cultura popolare, per comprenderne le derive e sondarne il potere, che mette in campo una riflessione sull’essere artisti e sull’essere pubblico. S’interroga sulla sacralizzazione della tradizione e utilizza opere immortali per far emergere le tragedie più piccole, quelle di serie B. E indaga i rapporti familiari, le relazioni di coppia, per scovare l’asfissia nell’amore e grattare il marcio dalle mura domestiche.

Tematiche che ritroviamo nella trilogia shakespeariana trash di cui Search and Destroy fa parte, e che porta il titolo di B-tragedies, in omaggio ai B-movies. Ideata dalle due anime del gruppo, Marco Sanna e Francesca Ventriglia (in scena negli altri due lavori), la trilogia, nel primo capitolo, Adda passà a nuttata, intreccia le vicende del Macbeth con la strage di Erba, mentre nel terzo, This is not what it is, prendendo spunto dal moro di Venezia, mette in campo copie di Otello e Desdemona e del loro amore esclusivo. Nel secondo capitolo, quello di cui parliamo, la trama è data per scontata, i meccanismi sono manifesti e il pubblico è complice, partecipa alla sventura di Amleto, condannato a rivivere la stessa storia, e ridotto, per inadempienza degli altri, a fare le veci di tutti.

È solo in scena il principe di Danimarca, mentre Claudio, Gertrude, Ofelia, Polonio e il fantasma del re, identificato con un vecchio lampadario, si nascondono dietro le quinte, decisi a non uscire. È solo quando indossa, uno alla volta, i panni degli altri personaggi, per presentarsi al casting della tragedia. È solo nella scena madre, dove si improvvisa cantante neomelodico, incorniciato dalle luci di una mirrorball.

Non si vuole marchiare certa cultura di basso profilo come spazzatura, piuttosto s’impugna il diritto di mettere in scena ciò che esiste oggi e che non possiamo far finta di non vedere, contro la ricercatezza a tutti i costi. Si cerca, dichiaratamente, il consenso con battute facili, per un teatro che sembri raffazzonato, arrangiato in pochi giorni e con quattro stracci, in perfetta sintonia con i film ‘bread and butter’, fatti solo per guadagnare.

Ma, tolto lo strato più superficiale, quello esplicitamente trash, non resta che la verità: quanta miseria in quel ragazzino che si presenta per la parte di Claudio con una corona sulla testa, come se bastasse un copricapo dorato a farne un re, come se bastasse aver fatto un laboratorio, una volta a scuola, per definirsi attore. E quanta pochezza in quell’artista sorpreso dietro le quinte a leggere da un foglio appiccicato sul muro paroloni altisonanti dei quali non sa, e neanche vuole, comprendere il senso.

Questa altro non è che autenticità, nell’accezione esistenzialista del termine, perché esprime davvero il valore più profondo, e dunque più alto, dell’attore, oltre che la coscienza della propria vocazione.
Ancora più autentico ci appare, sul finale, il conteggio della paga, spiccioli che servono per comprare il pane, il salame e due birre, il giusto pasto per una giornata di fatica. Un retrogusto popolare, eduardiano, prima che il rock sporco di Iggy and the stooges chiami il buio colmando il silenzio.
In conclusione, vogliamo informare gli spettatori romani che non hanno visto Search and Destroy il 20 maggio, che potranno rifarsi durante la stagione 2015/16 dell’Orologio, perché il premio di Inventaria consiste nell’uso della Sala Gassman per tre repliche, in date ancora da concordare.

E al pubblico, sardo e non solo, ricordiamo che Meridiano Zero organizza nell’autunno sassarese Marosi di Mutezza – teatri in via d’estinzione, rassegna che giunge nel 2015 alla decima edizione e che attualmente rappresenta l’unico passaggio del contemporaneo nel nord Sardegna. La compagnia è, inoltre, stata scelta per il Progetto Giovani Idee, programma di sostegno e accompagnamento degli artisti emergenti dell’isola che coinvolge Sardegna Teatro, il circuito teatrale regionale sardo (Cedac) e la Rete Giovani Idee, costituita da tredici spazi teatrali sparsi sul territorio. I soggetti scelti (oltre a Meridiano Zero, Cucumea Teatro e Spazio T) saranno accompagnati in un percorso formativo, produttivo e distributivo nell’arco del prossimo triennio. Il tutto rientra nel processo di rinnovamento che Sardegna Teatro, con la direzione di Massimo Mancini, sta portando avanti (a questo proposito leggi l’intervista pubblicata sul Tamburo di Kattrin), dando il via a una nuova fase, che ci auguriamo possa allargarsi all’isola tutta, da nord a sud.

Rossella Porcheddu

 

Vedi l’articolo su Teatro e Critica