L’Avvoltoio
di Anna Rita Signore
Testo e indagine di Anna Rita Signore
Regia Cesar Brie
Assistente alla regia: Anna Rita Signore
Con Emilia Agnesa, Agnese Fois, Daniel Dwerryhouse, Valentino Mannias, Marta Proietti Orzella, Luca Spanu, Luigi Tontoranelli
Musica: Luca Spanu
Costumi: Adriana Geraldo
Scene: Sabrina Cuccu
Luci: Loïc François Hamelin
Tecnico di compagnia: Fabio Piras
produzione Sardegna teatro
«Dentro l‘Italia c’è una grande terra isolata, con poca gente e poche città. Ettari e ettari, quasi spopolati, abitati da gente tenace, ma incapace di realizzare iniziative comuni. Mangime per politici».
Questo sprezzante stigma della CIA sulla Sardegna scoperchia la scena de L’Avvoltoio, regia di César Brie e produzione Sardegna Teatro, che prende le mosse dal testo di Anna Rita Signore, – «Premio speciale Claudia Poggiani alla Drammaturgia», all’interno del Premio Calcante 2014 – nato a partire dalla sua indagine documentaria. Il focus è sul più grande poligono militare d’Europa in Sardegna; il testo procede come un’inchiesta giornalistica che condensa dati di biografia personale e collettiva; lo spettacolo assurge a opera poetica in cui le azioni sono cucite insieme nella trama della commedia umana.
Se lo scopo della medicina è la salute, lo scopo del teatro è la felicità – dice Aristotele – e César Brie, mentre sovrappone un contenuto di denuncia, ossia fatti di un’attualità stringente – tuttora irrisolti – a una regia puntuale, in cui le differenti personalità attorali compongono una polifonia corale, punta lo sguardo sulle capacità precipue del teatro di farsi luogo di poesia e coscienza, lotta e incanto.
In una scena in cui ciascun oggetto ha una pregnanza evocativa, come dalla lezione kantoriana, i protagonisti titillano una crudeltà che schiude alla pietà e, dirigendo le fila di una danza macabra, rovistano tra le macerie dei disastri dell’umano sull’umano, cercandovi una traccia di sacralità universale.
L’avvoltoio è un’allegoria visiva, inscena un’intimità che ha peso sociale perché, demolendo gli idoli, scava nella facoltà di fare il bene.
L’Avvoltoio si basa su una storia vera. Epicentro: Quirra, un piccolissimo villaggio della Sardegna sud-orientale, all’interno di un vastissimo territorio poco antropizzato e destinato al pascolo brado che ospita, dalla metà degli anni ’50, il più grande Poligono sperimentale d’Europa. Eserciti di tutto il mondo e aziende private vengono qui per testare nuovi sistemi d’arma, addestrare truppe, simulare guerre.
Ma cosa si sperimenta in questo Poligono e cosa si è sperimentato in passato, non è dato saperlo. Troppi interessi sul tavolo, troppi segreti e omissioni. Troppe risposte, vaghe e contraddittorie. Una sola amara certezza: la sindrome di Quirra – sorella minore delle sindromi del Golfo, dei Balcani, di Mogadiscio – che colpisce civili e soldati, e alimenta il sospetto che all’interno della base, si siano usate munizioni all’uranio impoverito, con le esplosioni si siano prodotte nano-particelle di metalli pesanti e radioattivi, si siano smaltiti e stoccati rifiuti pericolosi, armi chimiche e batteriologiche.
È una storia di cui poco si sa: coperta da segreti militari e industriali, è scrupolosamente protetta dal silenzio di Stato. E dal silenzio – ben più drammatico perché dettato dalla disperazione – di quella parte della popolazione, socialmente più fragile, che non parla per paura. Ancora una volta, il ricatto si tinge di dramma sociale: «se accetto e sto zitto rischio di morire, ma ho un lavoro; se non accetto, muoio di fame».
Ci troviamo nella sala prove di un teatro. Un gruppo di attori è alle prese con l’allestimento di uno spettacolo teatrale per denunciare quello che, da anni, sta accadendo all’interno e a ridosso del Poligono. Le vicende personali degli attori si intrecciano pian piano con quelle dei loro personaggi. Ricorrendo all’espediente del «teatro nel teatro», L’Avvoltoio si serve degli attori e dei personaggi per dare fiato al dolore di padri e madri, figli e figlie, fratelli e sorelle, soldati: testimoni e vittime tutti della stessa tragedia. La loro storia tocca da vicino Quirra e l’intera Sardegna, con il suo territorio occupato per il 60% da servitù militari; ma coinvolge tutta l’Italia, con i suoi Poligoni nel Triveneto, in Puglia, nel Lazio, in Toscana, su cui gravano forti sospetti di contaminazione. Per questo attori e personaggi non fanno mai nomi, né di luoghi, né di persone. L’Avvoltoio racconta la loro storia così com’è, cruda e ruvida. Vuole scuotere lo spettatore; farlo riflettere, arrabbiare; spingerlo a fare domande, e chiedere le risposte a chi quelle risposte deve darle. C’è una strage in corso. Silenziosa.
Oggi è in corso il processo che vede, per la prima volta in Italia, dietro il banco degli imputati, otto alti ufficiali militari.